Il Nostro Vietnam

 

Mancava lui. Nel corso degli anni, partendo dall’India, siamo arrivati al Laos, visitando tutti quelli che stanno in mezzo. Ora mancava solo lui, il Vietnam. Questo Paese ci ha sempre attirato, ricco com’è di storia e di bellezze naturali da ammirare. Purtroppo se dici Vietnam subito ti viene in mente la guerra con gli Stati Uniti, una delle più cruente e devastanti che si sono mai combattute sul nostro pianeta. Ma è storia, brutta fin che si vuole, ma che non si può nascondere (anzi, l’uomo deve ricordare per non commettere gli stessi errori in futuro) ed il fatto di poter visitare luoghi dove è stata scritta una delle più importanti  (anche se triste e tragica ) pagine della storia dell’umanità, rende ancora più “appetibile” questa destinazione.  Quindi via alla ricerca dell’operatore “giusto”  tramite internet e dopo averne  sondato alcuni la scelta cade su Asiatica Travel.   Concordiamo un viaggio di 18 giorni, dall’estremo  nord al profondo sud, con arrivo ad Hanoi e partenza da Ho Chi Minh City.  Un lungo viaggio che ci permetterà di vedere molte cose di questo intrigante Paese.   

 

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Come vettore aereo abbiamo optato per Singapore Airlines, che al momento della prenotazione ci offriva la migliore combinazione orario voli/prezzi rispetto ad altre compagnie. E poi la qualità di questa compagnia è nota, per cui….
 
E così, dopo circa 15 ore di volo, eccoci finalmente in Vietnam, ad Hanoi , dove atterriamo in perfetto orario. L’attesa per il  ritiro bagagli non ci fa “perdere” tempo prezioso e  pure  le varie formalità doganali vengono espletate piuttosto velocemente, per cui in breve tempo siamo fuori dall’aeroporto dove troviamo ad attenderci la nostra prima guida locale, “armata” di cartello con il nostro nome ben visibile:  è un giovane ragazzo, che si dimostra subito molto disponibile e simpatico ,  di nome Nguyen. Per comodità ci dice di chiamarlo Uè, quasi come l’antica capitale.  Con lui l’autista, di nome Su. Sono loro i nostri accompagnatori qui nel Nord.
 
Il tempo è buono, qualche nuvolone qua e là, ma nulla più. E fa caldo, terribilmente caldo. Ma questo ce lo aspettavamo, non ci ha sorpreso. Però non piove e questo è ciò che conta. Luglio infatti è un mese un po’ rischioso per quanto riguarda la pioggia, ma del resto per non rischiare mai ( o quasi) bisognerebbe venire qui tre volte, una al nord, una al centro e una al sud. Infatti il clima è sempre molto vario e se da una parte il rischio pioggia è più elevato, c’è sempre un’altra zona dove c’è bel tempo. Per cui, via senza timori!
 
Hanoi, più di 4 milioni di abitanti (uno più uno meno…)è la capitale del Vietnam e  si estende maestosa sulle sponde del Fiume Rosso. Nonostante si tratti di una grande città, il suo centro storico, la città vecchia, non è particolarmente esteso e questo fa si che sia possibile (e consigliabile visto il traffico!) visitarlo a piedi, con calma e tranquillità, perdendosi tra i vari negozietti e bancarelle che si trovano ovunque nelle  sue viuzze più o meno strette, in mezzo alla gente del posto.
 
Ad Hanoi alloggiamo all’hotel Belle Vie, buono e in posizione  piuttosto centrale , abbastanza  vicino alla città vecchia.
 
La giornata odierna è libera, con Uè ci accordiamo per le 8,30 dell’indomani  per  l’inizio delle visite programmate. Dopo aver  sistemato i bagagli in camera ed esserci  riposati un po’,  usciamo a fare quattro passi per la città. Il traffico è davvero molto intenso, c’è molta gente ovunque.  Ciò che ci colpisce subito è il gran numero di motorini presenti sulle strade. Ve ne sono davvero migliaia, sembra quasi di essere in un gigantesco formicaio! Curioso l’abbigliamento delle ragazze : tutte imbacuccate,  la maggior parte con jeans, guanti, camicie con maniche lunghe tanto da coprire le mani e con cappuccio sulla testa! Molte indossano pure la mascherina!  E questo si capisce, sai che cosa si respira li in mezzo? Tutto il resto invece è per proteggersi dai forti raggi solari. Qui il concetto di bellezza è diverso rispetto al nostro: da noi una ragazza sta molto bene con una bella abbronzatura, qui  invece più ha la pelle chiara e meglio è. 
 
Curiose sono le case antiche, molte delle quali comunque ben restaurate, che presentano una  stretta facciata e che si sviluppano più in lunghezza che in larghezza. Questo perché un tempo vi era una salata tassa sulla facciata delle case, per cui per aggirare l’ostacolo, le case venivano costruite appunto più lunghe che larghe, con conseguente diminuzione dell’area della facciata e quindi con una tassa più bassa da pagare. Ma fanno un po’ tristezza quei lunghi muri, nella  maggior parte dei casi, privi di  finestre.
 
Il  problema più grande si dimostra subito quello di dover ….attraversare la strada.   L’unico modo è di procedere decisi, senza tentennamenti. Facendo attenzione, ovvio, ma poi alla fine scopri che sono loro che schivano te e  ti ritrovi, magari con un po’ di batticuore ma tutto intero, dall’altra parte della strada. Cammina cammina, attraversa qua  attraversa là e schivati a più riprese, arriviamo fino al Lago Hoan Kiem,   il Lago della Spada Restituita, situato proprio accanto alla città vecchia. Il nome deriverebbe dalla leggenda secondo la quale  gli dei donarono all’Imperatore Le Loi una spada dotata di poteri magici che avrebbero permesso all’Imperatore stesso di sconfiggere gli invasori cinesi. A guerra finita, l’Imperatore passeggiando sul lungolago, scorse sulle sue  acque una gigantesca tartaruga: si avvicino all’acqua e questa gli portò via la spada magica per  renderla alle divinità che ne erano proprietarie. 
 
 Percorriamo tranquillamente il lungolago dove molte persone se ne stanno all’ombra degli alberi a chiacchierare e a bere qualcosa,  ma ci sono pure diverse persone che….corrono! Vabbè che siamo nel tardo pomeriggio, ma con il caldo che c’è ancora ci vuole un bel coraggio! Il lago è piuttosto grande e nel mezzo vi è un piccolo isolotto dove sorge la malridotta Torre della Tartaruga. Quasi all’altra estremità un bel ponte rosso in legno collega la sponda del lago ad un piccolo isolotto, sul quale sorge il Tempio di Ngoc Son, che visiteremo domani.  
 

 

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Dopo il tramonto la temperatura diventa davvero piacevole e si sta bene . Decidiamo di cenare nei pressi della città vecchia e quindi ritorniamo in hotel in risciò. A dire il vero ci fa un po’ pena l’esile ometto  che deve pedalare per trasportarci, muovendosi con destrezza prima tra le viuzze  della città vecchia poi in quelle più larghe che percorriamo una volta usciti da li. Ma  è il suo lavoro e lui è felice di aver avuto l’opportunità di guadagnare qualche soldo.
 
Come da accordi, Uè  alle 8,30 è li ad aspettarci alla reception dell’hotel. Caricati i bagagli in auto (stasera infatti lasceremo Hanoi  per Lao Cai, trasferimento in treno)partiamo alla scoperta della città.  La prima visita è al Mausoleo di Ho Chi Minh, dove è custodito il corpo del  padre del Vietnam. Nonostante sia presto fa già molto caldo. Giungiamo al Mausoleo verso le 9  e notiamo subito una lunghissima fila di persone, centinaia di persone, per la maggior parte vietnamiti,  che ordinatamente percorrono i passaggi obbligati per entrare.  Ma nonostante il grande numero di gente, in pochi minuti siamo all’entrata del Mausoleo. E’ un grande edificio in marmo, ma a noi pare più un anonimo enorme cubo di cemento.  Una volta entrati, si deve procedere ordinatamente  in fila indiana con le braccia lungo il corpo ed in silenzio assoluto. Io che ho messo le braccia incrociate dietro la schiena sono stato subito redarguito da una delle tantissime  guardie presenti ed invitato a “ricompormi”. Inutile dire che non si può assolutamente fare foto. Si sfila dunque per pochi secondi , senza fermarsi,  attorno alla teca dove è custodita la salma imbalsamata dello statista e quindi si esce. Si tratta di una visita molto veloce,  dal sapore un po’ troppo “militaresco”.  Va bene il rispetto ed il silenzio, non siamo ad un mercato, ma le braccia conserte non crediamo rappresentino una mancanza così grave….
 
Una volta fuori passeggiamo un po’ nella grande piazza dinnanzi al Mausoleo, utilizzata per parate e manifestazioni varie e qui abbiamo la fortuna di assistere al cambio della guardia.  Ci fanno pena quelle giovani guardie, con le loro uniformi pompose e immacolate, costrette a restarsene per un bel po’ ferme sotto il sole cocente, senza batter ciglio.
 
A breve distanza dal Mausoleo, in un bel giardino con alti alberi che ci donano un po’ d’ombra e  con un piccolo laghetto pieno di carpe colorate,  vi sono le case dove visse lo statista. Nella prima casa, al pianterreno,da una vetrata possiamo vedere la camera da letto, la sala da pranzo e la sala da lettura. Nel garage accanto vi sono tre automobili perfettamente conservate che lui stesso utilizzava. L’altra casa è invece una palafitta, in stile tipicamente vietnamita delle campagne, anche se molto meglio rifinita. Ora è ben conservata, si sale grazie ad una scala “moderna” che stona un po’ con l’ambiente e anche qui l’interno è visibile attraverso vetrate.  Si tratta comunque di costruzioni molto semplici, sobrie, per nulla lussuose.  Poco più in là, in stile completamente differente, spicca , con il suo bel colore giallo il grande Palazzo Presidenziale, edificio coloniale del 1906 chiuso però al pubblico.
 
Poco distante da  qui visitiamo la Pagoda su una sola colonna, davvero curiosa, piccolina, con la struttura in legno sostenuta  appunto da  una colonna  di pietra,  in un piccolissimo laghetto. Una breve scala  conduce al tempietto interno, dove diverse persone lasciano un’offerta per propiziarsi le divinità.
 
Prima di continuare la visita di Hanoi, ci rechiamo negli uffici dell’agenzia a saldare il conto del nostro viaggio. Infatti, abbiamo dato solo un acconto, mentre per il saldo ci è stato detto che potevamo effettuarlo direttamente al nostro arrivo. Davvero gentili, meglio di così, non capita tutti i giorni, nemmeno da noi! Qui conosciamo Thuy My una collega di Vu Lanh, la signora con la quale avevamo programmato il viaggio e che non possiamo conoscere in quanto a casa in maternità. Peccato, a  lei comunque  i nostri migliori auguri!
 
Negli uffici dell’agenzia vi sono una ventina di ragazze che stanno smanettando ognuna davanti al suo computer. Sono davvero tante e tutte si stanno dando da fare. Una scena bella e simpatica, che fa anche un po’ tenerezza. Con Thuy , che parla molto bene l’italiano, scambiamo quattro chiacchiere e saldiamo il conto.  Thuy ci regala anche un quadretto laccato, un dono di benvenuto che fanno a tutti i clienti e che  riceviamo davvero con molto piacere. Pagato il nostro debito , riprendiamo le nostre visite.
 
 
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Ci rechiamo a visitare il museo etnologico, che si rivelerà molto interessante. Vi sono esposte molti oggetti tipici vietnamiti, di tutto il Paese, abiti, tessuti, strumenti musicali e utensili delle varie etnie.  Sono ricostruite anche scene di vita dei villaggi, dalla tessitura alla creazione dei cappelli a cono. All’esterno  poi vi sono le ricostruzioni, a grandezza naturale, di case tipiche di alcune etnie. C’è anche una grande tomba, con diverse statue in legno in pose piuttosto osè.
 
Eccoci poi al Tempio della Letteratura. Inizialmente questo grande complesso, molto ben conservato e che si sviluppa attorno a 5 cortili con bellissimi giardini,  era la sede della prima università del Vietnam.In principio potevano accedervi solo i figli dei mandarini, in seguito venne aperta anche a tutti gli studenti più promettenti di ogni zona del Paese.  In ricordo dei partecipanti agli esami finali, furono sistemate delle grandi “lapidi”di pietra ( impiantate  su tartarughe anch’esse in pietra) sulle quali furono incisi i nomi degli studenti con i loro dati anagrafici e i risultati degli esami sostenuti. Di queste “lapidi” molte sono andate distrutte, ma ne sono presenti ancora un’ottantina. 
 
Ci rechiamo quindi al Lago Hoan Kiem  e alla vicina città vecchia. Strada facendo riceviamo una telefonata , inaspettata e che ci fa davvero molto piacere. E’ Lan Anh e scambiamo quattro chiacchiere con lei molto volentieri.  Pure a lei spiace di non poterci incontrare, ma il destino ha deciso così. Passeggiamo sul lungolago  e raggiungiamo il Ponte Rosso (già visto la sera precedente) e quindi il Tempio di Ngoc Son, piccolino e circondato dagli alberi. Al suo interno si possono ammirare ceramiche, gong e una grande tartaruga imbalsamata conservata all’interno di una teca. Sarà per caso quella che si riprese la spada dall’imperatore Le Loi? Mah! C’è più gente che la sera precedente, moltissimi turisti vietnamiti (di “uomini bianchi” nemmeno l’ombra”) e vari gruppetti di ometti che se ne stanno all’ombra degli alberi a giocare ad una specie di dama locale. Stiamo ad osservarli per un po’ ed è simpatico vedere come si arrabbiano e discutono gli osservatori  per una mossa,  a loro dire sbagliata,  dei giocatori. Ma è venuto il momento di immergersi nella città vecchia, in mezzo alla gente, tra negozietti e bancarelle e …..motorini ovviamente! Si, perché come detto prima,  ce ne sono davvero a migliaia. Comunque è davvero bello gironzolare tra le viuzze di questa parte di Hanoi ed osservare lo svolgersi della vita, le varie attività, la gente che mangia le cose più strane ( l’uovo cotto con il pulcino dentro ci mancava, ad esempio) seduta  su minuscoli sgabelli in ristorantini improvvisati, le varie bancarelle che vendono  le più svariate mercanzie. E poi le bellissime bancarelle della frutta e della verdura con i loro molteplici prodotti, che con i loro sgargianti e vari colori sembrano degli arcobaleni in miniatura. L’unico problema come detto è l’attraversamento della strada, ma con tanta pazienza e prudenza si riesce comunque ad arrivare alla meta. 
 
Assaggiamo anche  alcuni dolci fritti di riso che una minuscola donnina ci propone e li troviamo davvero squisiti. In questa  magica città vecchia concludiamo anche i primi acquisti, i prezzi sono molto bassi e la contrattazione è più un gioco che una reale necessità.  La giornata è passata via velocemente, è già sera e la temperatura più fresca ci invoglia ancora di più a passeggiare in questa zona. Ma in serata avremo il trasferimento in treno per raggiungere Lao Cai e quindi Sapa, dove ad attenderci ci saranno gli incontri con le varie etnie di montagna, una temperatura più fresca e moltissimi….. mercatini da “svaligiare”! Ci fermiamo a cenare sul lungolago e quindi ci rechiamo alla stazione ferroviaria , dove ci congediamo dal buon Su che rivedremo al nostro ritorno. Il treno parte in perfetto orario e impiegherà tutta la notte per arrivare a destinazione , verso  le 5,30 del mattino successivo. Si tratta di soli 300 km  più o meno , ma il percorso non permette di andare molto veloci, considerando anche che ci sarà solamente  un binario sulla linea! Ci sono molti turisti che si recano all’estremo Nord. Noi abbiamo optato per uno scompartimento a due posti, per stare più comodi e tranquilli e possiamo dire di aver fatto la scelta giusta. I posti sono confortevoli e per due c’è davvero spazio a sufficienza. Uè è sistemato in un altro vagone, poco più avanti. L’unico problema è rappresentato dall’aria condizionata, che è sparata davvero in maniera esagerata. Lo facciamo presente tramite Uè al controllore e questi subito abbassa considerevolmente il flusso d’aria…..per poi rimettere tutto come era prima solo alcuni minuti dopo!. E così facciamo da soli: con dei giornali e con del nastro adesivo ostruiamo alla grande il bocchettone dell’aria posto sul soffitto  e il flusso diminuisce drasticamente, tanto da permetterci di viaggiare e di dormire senza alcun problema. Altrimenti sarebbe stato impossibile, troppo freddo.
 
L’arrivo a Sapa avviene in perfetto orario e fuori dalla stazione troviamo ad attenderci il nostro nuovo autista  di nome Giang. E’ nuvoloso ma la temperatura è comunque piacevole e soprattutto non piove. Partiamo subito alla volta di Sapa, distante da qui solo 32 km. Ma si tratta di una strada tutta in salita e piena zeppa di curve, per cui ci vorrà un po’ di tempo.  Sapa è una piccola città, poco più di 30.000 abitanti, situata sulle montagne e frequentata dai francesi per villeggiatura durante il loro periodo coloniale in Vietnam. La città è situata in una posizione incantevole, con le montagne ammantate di verde tutt’intorno e con le vallate circostanti costellate di verdissime risaie e attraversate da diversi torrenti. Da Sapa si possono fare belle escursioni ai vicini villaggi delle minoranze etniche.  In questa stagione è facile incontrare la pioggia, speriamo bene per le nostre visite. Infatti più si sale e ci si avvicina alla cittadina, più il tempo cambia e si fa brutto, con nuvoloni sempre più neri e minacciosi. Sapa ci accoglie con una forte pioggia e con una fitta nebbia che si distende tra le vallate. Come inizio non c’è male…..
 
Qui alloggiamo all’Hotel Sapa View,  molto bello, situato alla fine della via principale,nella quale vi sono molti ristoranti e negozi di souvenir, oltre al mercato locale e bancarelle varie. Il “centro” di Sapa praticamente, raggiungibile dall’hotel con una breve passeggiata.  Iniziamo le visite alle 10 e come per magia….non piove più! Visitiamo i villaggi di Lao Chai e Ta Van, distanti circa 8 km.da qui, abitati dai Hmong Neri  (con i loro abiti tradizionali prevalentemente di colore nero con inserti blu) e dai Dzao Rossi (con l’abito tradizionale  caratterizzato da un grande copricapo rosso). Con l’auto raggiungiamo l’imbocco del sentiero che conduce ai villaggi e da qui in poi proseguiamo a piedi. I due villaggi distano circa 5 km l’uno dall’altro. Una bella scarpinata, dunque. Ampi spazi azzurri si spalancano sempre più nel cielo, fa capolino anche un po’ di sole, la nebbia si sta dissolvendo e la temperatura è decisamente piacevole. Anzi, quando c’è il sole fa anche caldo. Meglio di così….. 
 
Ci sono anche altri gruppetti di turisti che si incamminano per il sentiero. Subito siamo avvicinati da alcune ragazze Hmong e Dzao che ci propongono i loro prodotti e ci scortano per una buona parte del percorso. Così è anche per gli altri gruppetti. Questa è una caratteristica del luogo,  questa gente fa di tutto per venderti qualcosa, anche se non sono particolarmente insistenti. Certo,  ti seguono e ti propongono le cose, non demordono tanto facilmente ma si può comunque avere un dialogo (parlano inglese o francese quasi tutti) senza l’assillo di dover per forza acquistare qualcosa. Nulla di asfissiante dunque. E poi con un sorriso si sistema sempre tutto. Nei due villaggi le case sono quasi tutte in muratura e c’è l’elettricità. Molti gli orti e i campetti coltivati, verdissime le risaie. Il panorama che possiamo ammirare durante il percorso è davvero splendido, con i monti  ora perfettamente  visibili tutt’ intorno. Nei villaggi vi sono moltissimi negozietti di souvenir, bellissimi tessuti in particolare. Praticamente in ogni casa vi è chi lavora alla tessitura e chi vende i prodotti finiti. Non possiamo sottrarci dall’acquisto di alcune belle sciarpe in cotone, il cui prezzo è davvero molto basso. La camminata dura all’incirca tre ore e al termine troviamo la nostra auto ad attenderci per ritornare a Sapa. Nel pomeriggio facciamo un giro per la città: visitiamo la Cattedrale, le varie viuzze con le bancarelle di souvenir e il mercato locale, dove si trova di tutto, dai fiori ai pesci, carne , frutta, verdura  . Proprio di fronte alla Cattedrale vi è la piazza principale, dove moltissime donne Hmong e Dzao espongono i loro prodotti  per la vendita, per lo più tessuti  e borse. E così anche  nelle vie adiacenti, dove si vendono però frutta e verdura e tante piantine di orchidee. 
 
Le visite programmate sono per oggi terminate. Con Uè ci accordiamo per l’indomani per le 10 e continuiamo i nostri giri da soli.  Anche dopo cena passeggiamo un po’ su e giù per la via principale, tra negozi e bancarelle assortite. Nella piazza della Cattedrale vi sono ancora più venditrici che nel pomeriggio. Non c’è assolutamente alcun problema, si gira con la massima tranquillità. Che pace! Come sei lontana Hanoi! Che bello poi attraversare la strada senza attendere un quarto d’ora!
 
Ci piaci Sapa, ci piaci davvero tanto.  E nonostante a darci la buonanotte sia un cielo nuvoloso e con grandi  lampi in lontananza, ci ritiriamo contenti e fiduciosi per l’indomani.  
 
Nuvoloni  nerissimi e assai minacciosi ci danno il buongiorno, ma per fortuna non piove. Una camminata di circa 4 km ci conduce a Cat Cat, un villaggio abitato da Hmong Neri. Strada facendo, facciamo una sosta presso la casetta di un contadino che sta tagliando in pezzi delle grosse e lunghe canne di bambù.  L’ometto si dimostra subito molto gentile e tramite Uè riusciamo anche a fare un po’ di conversazione. Dice che sta facendo dei pali di sostegno per il soffitto e che sta lentamente sistemando questa casetta, da lui costruita, con l’intenzione di aprire un piccolo negozietto di souvenir e bibite, visto che si trova proprio sulla strada che i turisti percorrono  per andare a Cat Cat. A pochi passi da li c’è anche un posto panoramico (bello davvero, la vista spazia sulla valle sottostante, con i suoi villaggi e risaie) e questo secondo lui sarebbe un buon posto dove aprire appunto un negozietto. L’ometto poi tira fuori due bottiglioni di liquore fatto da lui e dopo averci forniti di  piccoli bicchierini ce lo fa assaggiare, per un bevuta collettiva. I  liquori sono diversi ma entrambi fortissimi! Brindiamo dunque alla salute di tutti noi e anche alla buona riuscita della sua idea commerciale. Nel frattempo si è scatenato un violento acquazzone, per cui decidiamo di aspettare qui al riparoi.  Dopo una mezz’ora il temporale finisce e piano piano i nuvoloni neri si diradano sempre più, fino a far intravvedere un timido ma caldo sole. Il percorso da fare per Cat Cat è in ottimo stato, ma si può parlare più di strada che di sentiero, visto che possono tansitare anche motorini e automobili. Il villaggio è carino, circondato da verdissime risaie e dislocato proprio sotto le montagne. Ma di “villaggio” ha ben poco. Ci sono infatti negozietti e bancarelle per turisti praticamente ovunque. Gli abitanti indossano i loro abiti tradizionali  ma hanno quasi tutti un cellulare in mano, anche le esili donnine che trasportano sulla schiena le grandi gerle colme di prodotti da offrire ai turisti. Ma soprattutto hanno bene in testa il significato della parola “businnes”.Infatti prima di entrare nell’area del villaggio si deve pure pagare un biglietto di ingresso. Tradizione e modernità, costume e businnes, vecchio e nuovo: questo è Cat Cat, anche se comunque si tratta di una bella escursione, soprattutto per il paesaggio e gli scenari naturali che possiamo ammirare.  Nel frattempo la giornata volge decisamente al bello e un bel sole ci accompagna con i suoi caldi raggi. Giungiamo  poi ad una bellissima cascata, dove un torrente scorre impetuoso tra le rocce di una stretta gola. Qui ci sono molti turisti, non solo vietnamiti ma anche “uomini bianchi”.
 
Ritornati a Sapa verso il mezzogiorno, consumiamo un leggero pasto nella via principale e poi via per un’altra camminata. Destinazione la cima della collina dalla quale si può ammirare un spettacolare panorama sulla cittadina sottostante e su tutte le montagne circostanti. Forse riusciremo a scorgere il lontano Fansipan, il monte più alto con i suoi 3143 metri, che fino ad oggi si è nascosto tra le nebbie. Per giungere sulla collina si percorre una scalinata/sentiero in buone condizioni, attraversando giardini con bellissimi fiori, laghetti e statue in pietra  raffiguranti gli animali dell’oroscopo cinese. Vi è anche un giardino con solo piante di orchidea, ma purtroppo ora non sono in fiore: peccato, perché sarebbe stato certamente uno spettacolo. Prima di arrivare sulla vetta ci fermiamo ad assistere ad uno spettacolo di danze tradizionali. Una volta in cima possiamo davvero godere di un panorama stupendo, ma il famigerato Fansipan si nasconde ancora alla nostra vista, tutto circondato com’è da una spessa coltre di nubi e nebbie. 
 
Ridiscesi a valle ci congediamo da Uè con l’accordo di trovarci pronti l’indomani mattina alle 7,30 per la partenza alla volta di Can Cau, località dove si svolge il famoso mercato del sabato, uno dei tanti mercati che le popolazioni di montagna fanno durante la settimana. Girovaghiamo quindi da soli per la cittadina e a fine giornata ritorniamo all’hotel per l’ennesima volta con qualche pacchettino in più da mettere in valigia. Sapa  come detto ci è piaciuta molto. Si, è turistica, ma c’è molta tranquillità, non c’è il caos ed il caldo soffocante di Hanoi. E poi la tanto temuta pioggia non ci ha guastato il soggiorno, per cui meglio di così non poteva andare. 
 
 
 
La partenza per Can Cau avviene, manco a dirlo, sotto una pioggia battente. Speriamo che il tempo si comporti come nei giorni passati…..Abbiamo da percorre ben 130 km, per raggiungere la nostra destinazione. La strada che percorriamo è sempre in buono stato, anche se ovviamente piena di curve e si snoda  attraverso paesaggi incantevoli dove a farla da padrone sono le verdissime risaie a terrazza, simili ad enormi scalinate. Uno spettacolo unico!. Spesso ci fermiamo a scattare qualche fotografia e anche per sgranchirci un po’ le gambe e per far riposare il nostro bravo autista, che si dimostra sempre molto attento alla guida. Nelle tante risaie che possiamo vedere vi sono molte  donne al lavoro, chine a mettere le piantine, con il loro classico cappello a cono, incuranti della pioggia.  Più si sale e più le risaie e le coltivazioni di mais sono arroccate alle montagne, quasi in verticale. Possiamo scorgere anche molti contadini al lavoro, piccoli puntini colorati nell’immenso verde di varie tonalità che ci circonda. Le bianchissime e grandi nuvole presenti tra le ampie vallate rendono ancora più suggestivo il paesaggio. Prima di giungere alla meta facciamo una tappa di una decina di minuti a Bac Ha, sede del grande mercato della domenica, quindi riprendiamo il cammino con un netto miglioramento delle condizioni atmosferiche. Ancora una ventina di km ci separano da Can Cau.
 
Appena arrivati  e parcheggiata l’auto, ci catapultiamo subito nella realtà del mercato. Non è molto grande, ma di sicuro autentico. Non ci sono neppure molti turisti. Si svolge alle pendici di una montagna, dove, nella piccola stradina  moltissime donne dell’etnia Hmong  a Fiori, chiamata così per via dei coloratissimi costumi, sistemano le loro merci per la vendita.   Con  tutte queste donne dagli abiti così sgargianti sembra quasi di essere in un campo di deliziosi fiorellini. Poco sotto la stradina vi è il mercato dei buoi e maiali, più in la una serie di bancarelle che vendono tessuti e prodotti per turisti e ancora oltre una serie di “ristorantini” e le bancarelle per la vendita della carne. Molti uomini se ne stanno seduti a bere liquori e intrugli vari, certamente molto forti, tanto che a fine mattinata parecchi di loro non si reggeranno in piedi. Anche questo è tipico del mercato. Prima passeggiamo con Uè che ci spiega un po’ di cose, poi siamo liberi di scorrazzare da soli, dandoci appuntamento, una volta finiti i giri, al luogo dove abbiamo lasciato l’auto. .Avvisiamo Uè che non arriveremo tanto presto….  E’ veramente bello passeggiare su e giù per il mercato, assistendo alle contrattazioni e ovviamente anche acquistando qualche simpatico souvenir. L’unico problema è che si cammina in un mare di fango a causa della pioggia della notte precedente. 
 
Terminata la visita del mercato riprendiamo dunque la via del ritorno. Pranzo a Bac Ha e quindi visita al  villaggio di Trung Do, che raggiungiamo a piedi (l’auto ci aspetterà più a valle). Qui  la vita scorre davvero tranquilla, con ritmi lenti e rilassati. Lo si vede nei volti delle poche persone che incontriamo, sempre sorridenti  e pronte a contraccambiare i nostri saluti.  Il villaggio presenta  case in muratura, c’è l’elettricità e pure una struttura dove i turisti di passaggio, volendo, possono pernottare. Da qui con una barca a motore discendiamo per una mezz’ora il fiume Chay, dalle acque marroni e forte corrente  per via della pioggia a monte, fino a raggiungere il punto di ritrovo con l’autista che ci riporta a Lao Cai, dove in serata ci aspetta il treno notturno per Hanoi.  A Lao Cai facciamo una breve visita al punto di confine tra Vietnam e Cina. Qui i due paesi sono divisi solamente da un fiume e sul ponte che unisce le due sponde transitano molti camion di merci varie che vanno in un senso e nell’altro. Ma si è fatta l’ora di andare in stazione. La nostra avventura qui nell’estremo Nord del Paese è terminata e possiamo dire di essere davvero contenti di aver visitato queste zone. Da domani sarà un’altra storia, una storia comunque che, siamo sicuri,ci regalerà ancora tante belle emozioni. Il treno parte ancora una volta in perfetto orario e ancora una volta c’è il solito problema dell’aria condizionata, che risolviamo come nel viaggio di andata (anzi, se vogliamo dirla tutta, ancora meglio).  Alle 4 e trenta del mattino sbarchiamo ad Hanoi, dove troviamo ad attenderci il buon Su che subito ci fa notare con un grande sorriso  che i nostri bagagli sono…aumentati!  Eh si, sono aumentati e non siamo neppure a metà viaggio….Con nostra piacevole sorpresa, Uè ci comunica che abbiamo a disposizione una camera in un hotel nelle vicinanze, per riposarci un po’ e farci una doccia rigenerante, prima di riprendere il nostro viaggio. Ci fermiamo all’hotel  Emotion, buono. Poco prima delle 10 ripartiamo per la nostra nuova destinazione, Mai Chau.  Per uscire dalla grande Hanoi impieghiamo poco tempo in quanto è domenica e c’è poca gente in giro. Per una ventina di km percorriamo una grande strada a tre corsie, poi si fa più semplice ma sempre in ottimo stato. Lungo la strada vi sono moltissimi ristoranti, grandi e piccoli, che offrono il piatto tipico di questa zona, ossia il pollo, cucinato in innumerevoli varianti.  Molte le bancarelle che vendono frutta, in particolare grossi jackfruit. Ci fermiamo presso un venditore per fare una foto.  E’ un frutto piuttosto grosso, che cresce più sul tronco degli alberi che sui rami e  con la buccia ricoperta da piccole spine.La polpa è giallognola e presenta diversi  grossi semi . E’ molto simile al durian  che ha però spine più grandi e dure. E poi tra i due c’è una fondamentale differenza:  mentre il jackfruit profuma, il durian….puzza! Ne assaggiamo un pezzetto: è buono e decidiamo quindi di acquistarne uno, che gusteremo poi a Mai Chau.
 
Il paesaggio che ci circonda è verdissimo, risaie ovunque, attraversiamo paesi di ogni dimensione. Mai Chau è  distante solo 135 km da Hanoi, ma è davvero tutto un altro mondo, c’è pace e tranquillità assoluta, situata com’è in una valle bellissima. La città di suo non ha molto di interessante, ma nei suoi dintorni vi sono molti villaggi dell’etnia dei Thai Bianchi, con le loro grandi case in legno a palafitta,  circondati da montagne e risaie ed è li che ci recheremo e passeremo la nottata.  Più si sale  e più il paesaggio diventa incantevole e una volta scollinati ci fermiamo, prima di iniziare  la lunga discesa , in un punto panoramico dal quale possiamo ammirare Mai Chau, che si estende in una valle circondata da monti e con tantissime e verdissime risaie  nelle sue immediate vicinanze. Bellissima visione! Giungiamo in città che sono le 13, fa un caldo infernale . Una stradina che scorre tra grandi risaie ci porta quindi al vicino villaggio di Van, dove troviamo ad accoglierci il sig. Cuong, il proprietario della casa dove passeremo la notte. La casa è molto bella, a palafitta. Cuong ha riservato alla sua famiglia un’ala della casa, mentre un’altra parte è destinata ad accogliere i turisti. Si dorme in un ampio stanzone, su semplici materassini per terra, protetti da grandi zanzariere. Dei teli più spessi fungono da “muri separatori” tra una “camera” e l’altra. Dividiamo lo stanzone con una coppia di ragazzi francesi, arrivati poco prima di noi. Le docce e i servizi igienici sono nel cortile all’esterno,  i pasti vengono consumati praticamente sotto la casa.  In tutto il villaggio c’è la corrente elettrica. Dopo un buon pranzo verso le 15, sotto un caldissimo sole, iniziamo ad “ispezionare” i dintorni. Iniziamo a gironzolare un po’ per il villaggio che ci ospita. E’ ordinato e le case a palafitta sono tutte molto ben tenute e più d’una casa ha sul tetto una parabola, seppur assai arrugginita. I bambini ci salutano al nostro passaggio e facciamo più di una sosta per lasciare loro penne e magliette. Più tardi inforchiamo le biciclette e ci avviamo alla scoperta dei villaggi nei dintorni. Nelle risaie appena fuori da Van stanno lavorando molte persone, uomini e donne. C’è chi sta arando, chi sta piantando le tenere piantine di riso, chi le sta trasferendo da una specie di nursery in un ampio contenitore per poi metterle a dimora nella risaia vera e propria. E’ uno spettacolo che ci impone diverse soste fotografiche in poche centinaia di metri. La gente è cordiale e nessuno fa caso se scattiamo fotografie, anche a distanza ravvicinata.  E’ uno spettacolo per noi, certo, vedere queste scene vere di vita quotidiana. Ma per questa gente è un durissimo lavoro,che impone grandi sacrifici. Il nostro giro ciclistico prosegue  fino a raggiungere i villaggi di Nhat, Lac e Pom Com, anche loro immersi tra le risaie e poco distanti tra loro. Vi sono diversi negozietti dove è possibile acquistare tovaglie e sciarpe qui prodotti.  Un’anziana signora sta lavorando al telaio e ha esposte  molte bellissime sciarpe colorate. La osserviamo per qualche minuto e poi…..ecco l’inevitabile acquisto! Del resto la bici ha un cestino sul davanti, non serve solo per metterci una bottiglietta d’acqua, vero? Nei pressi possiamo visitare anche  una grande fornace dove vengono cotti i mattoni.  Anche in questi villaggi sono molte le soste fotografiche che facciamo e anche qui la gente è cordiale e sorridente.  Quando torniamo alla nostra casa sono oramai le 18  e ora una doccia rigenerante è quello che ci vuole. Dopo cena, poi, un gruppo di ragazze si esibisce in una serie di danze con costumi tradizionali e al termine c’è la degustazione di vino di riso fermentato,che si beve con lunghe cannucce da un unico recipiente, tutti insieme. Quella di oggi è stata una bella giornata, abbiamo potuto assistere a diverse scene di vita reale, quindi ci ritiriamo nella nostra “camera” molto soddisfatti. La notte è più fresca e si dorme davvero bene. 
 
 
 
La mattina successiva, prima di partire, facciamo ancora quattro passi nel villaggio. E qui possiamo assistere alla cottura di un cane. Qui i cani si mangiano, che ci piaccia o no, ma è così, paese che vai usanza che trovi.  Ma prima di riprendere il nostro viaggio, ci rechiamo ancora ai negozietti di tessuti che abbiamo visto il giorno prima: sai com’è…..abbiamo dimenticato qualcosa!  Il soggiorno qui a Van è stato davvero splendido, c’è grande tranquillità  e pace, i paesaggi sono bellissimi e  non neghiamo che un altro giorno qui lo avremmo fatto volentieri. Bello dormire in un comodo letto in hotel,  certo.  Ma ancora più bello è stato passare la notte in un posto così semplice, sul materassino in terra e con un’aria fresca a rendere davvero piacevole la nottata. A fine viaggio sarà uno dei nostri ricordi più belli.
 
Lungo il percorso ampie risaie si alternano a grandi coltivazioni di manioca e canna da zucchero, sempre con i  verdi monti a fare da sfondo.  Giungiamo quindi a Hoa Lu, dove visitiamo i templi gemelli di Dinh e Le. I due templi sono stati costruiti uno accanto all’altro e sono praticamente identici.  Il primo è dedicato al re Tien Hoang della dinastia Dinh, mentre il secondo al re Dai Hanh della dinastia Le. All’interno di entrambi i templi vi sono le statue  dei re e dei loro figli. Solo il re Le ha accanto la  statua della moglie perché questa donna fu prima la sposa del re Dinh e successivamente, dopo la sua morte, sposò il re Le.  Vi sono anche campane di bronzo, gong e bruciatori per l’incenso e tanti candelieri.
 
Giungiamo quindi a Tam Coc , località che viene anche definita la Baia di Halong terrestre. Il paesaggio infatti ricorda un po’ quello della famosa baia, con alti picchi calcarei tra i quali scorre il fiume Dong e con risaie al posto del mare. Con una piccola barca, detta sampano (peccato sia in metallo e non in legno, ciò fa perdere un po’ di “poesia” al giro) effettuiamo la navigazione sulle placide acque del fiume. Ci sono tantissime di queste barchette, tutte trasportano 2 turisti oltre al barcaiolo, che spesso rema da seduto utilizzando i piedi anziché le mani. Il giro dura un paio di ore e lo scenario tutto intorno a noi è davvero splendido. La barchetta scivola lentamente in un piacevole silenzio, rotto soltanto dal canto di  gruppetti  di anatre che incrociamo di tanto in tanto. Più che il fiume stiamo attraversando le lagune da esso formate tra i vari picchi, tanto è vero che questa zona si chiama proprio  le Tre Lagune. Attraversiamo tre grotte la cui ombra ci dona un po’ di piacevole (anche se breve) refrigerio vista la caldissima giornata. Alcune donne si avvicinano con le loro barchette per offrirci souvenir e bibite, ma non sono insistenti. Acquistiamo una bibita per il nostro conducente e un piccolo sampano in legno per noi. Prezzo standard 1 dollaro per ogni cosa, un’inezia. Anche il nostro barcaiolo,prima di riprendere la via del ritorno, ci fa veder alcuni prodotti ma non insiste in nessuna maniera per farceli acquistare. Avevamo letto che durante questa escursione i venditori sarebbero stati piuttosto “decisi”, invece nulla di tutto ciò.
 
Al termine della navigazione ci rechiamo a visitare le pagode di Bich Dong, dette le Pagode di Giada. Si tratta di tre costruzioni, una situata alla base  di una montagna e  le altre due arroccate su di essa  e raggiungibili grazie ad una piccola scalinata. La più bella di tutte è la seconda, scavata proprio dentro la parete rocciosa . Purtroppo non si può entrare . La terza pagoda è poco più su, si raggiunge attraversando una grotta dove dal  soffitto pende una grande campana ed è decisamente più piccola delle precedenti. In tutte e tre vi sono statue di divinità e incensi . 
 
Con questa visita termina la nostra giornata. Raggiungiamo la località di Ninh Binh dove alloggiamo al nuovissimo hotel Legend, situato nella zona nuova della cittadina, dove moltissimi cantieri stanno a testimoniare l’incremento che avrà questa area in fatto di costruzioni. L’hotel è davvero molto bello, grande ,  ma notiamo una tranquillità insolita. Non c’è il solito via vai di persone. Per forza, oltre a noi due vi sono solamente….altri due ospiti! Solamente quattro persone, ma nonostante tutto di inservienti vari ve ne sono davvero molti.
 
Sono 180 i km da percorrere per raggiungere la nostra prossima meta, ossia la Baia di Halong. La giornata è bella, la strada buona come al solito. Durante il percorso notiamo, con un po’ di stupore, le molte tombe, a volte veri e propri cimiteri, che spuntano nel bel mezzo delle risaie. Strano davvero, ma Paese che vai usanza che trovi.  Partiti di buon’ora, alle 8, raggiungiamo il punto di imbarco alle 12. La crociera inizierà come da programma alle 13. Il buon Uè non dovrebbe essere con noi sulla barca, ma con nostro grande piacere ci comunica che ha trovato un posticino per lui a bordo e quindi si imbarca con noi.  Si sale a bordo uno alla volta, sotto una cascata di petali di fiori che alcune signorine lasciano cadere sui passeggeri. La Bahia 2, la nostra barca,  è piuttosto grande e strutturata su 4 ponti:  in quello inferiore e in quello immediatamente sopra sono presenti le cabine per i passeggeri (a proposito, siamo una trentina),  il terzo occupato dal ristorante  e quindi l’ultimo adibito ad area relax con sdraio e lettini, per poter ammirare il panorama durante la navigazione.  Le camere sono piccoline, ma confortevoli, tutte con doccia e servizi igienici privati, aria condizionata e ventilatore. Poiché sapevamo che lo spazio a bordo non sarebbe stato molto, abbiamo portato solo il necessario per due giorni, lasciando il resto dei bagagli nell’auto di Su.
 
 
 
La Baia di Halong, con più di 2000 isole e isolotti,  è una delle destinazione più famose di tutto il Vietnam ed è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Una leggenda narra che questo luogo sia stato creato da un drago che scorrazzando qua e là, con possenti colpi di coda, scavò questa baia  creando  quindi le varie isole presenti .
 
La navigazione si svolge lenta, tra i vari picchi più o meno alti che emergono dalle acque della baia. Vi sono molte navi per turisti, ma notiamo anche la presenza di diversi grandi mercantili. Visto la notevole importanza naturalistica di questo luogo, forse sarebbe opportuno regolamentare meglio il passaggio di tali navi, anche se il porto di Halong è uno dei più importanti dell’intero Paese.  Durante la navigazione sono previste soste per alcune visite. La prima è ad un villaggio di pescatori,che raggiungiamo a gruppetti con piccole barchette (con noi Uè e una signora indiana), in quanto la nave è troppo grande per infilarsi in quest’area. In tante piccole casette galleggianti, tutte colorate, vivono stabilmente diverse persone dedite alle pesca e all’allevamento di cozze e ostriche perlifere. Ogni casetta ha nelle vicinanze una gabbia di rete dove vengono allevati  i pesci necessari  all’alimentazione. Grazie a generatori le case sono dotate di elettricità. Diamo un’occhiata alla piccola scuola, accanto alla quale vi è un negozietto di souvenir. Poi ci rechiamo alla fabbrica delle perle, dove si allevano le ostriche (una giovane ragazza le sta preparando prima di metterle in mare) e dove sono presenti lunghi filari di ostriche, ben delimitati da piccole boe galleggianti. 
 
Terminata la visita riprendiamo per un po’ la navigazione, quindi raggiungiamo il punto dove ancoriamo per trascorrere la notte. E’ il tardo pomeriggio , ma fa ancora caldo e alcuni ragazzi si divertono tuffandosi in mare dal ponte più alto.   A cena come a pranzo a farla da padrone sono ottimi  pesci e crostacei, anche se per la verità non molto abbondanti. In cielo brillano milioni di stelle e ciò ci fa ben sperare per l’indomani. Il cielo stellato, un  piacevolissimo silenzio e le luci delle altre barche ormeggiate più in la, danno origine  ad uno scenario davvero meraviglioso e suggestivo. Il giorno successivo riprendiamo la navigazione con una bellissima giornata di sole e ci dirigiamo a visitare la Grotta della Sorpresa, una delle tante che sono presenti nella baia. E’ una grotta molto visitata ed infatti vi sono molti turisti. E’ costituita da tre “sale”, tutte molto grandi e belle. Per raggiungerla si deve percorrere una breve scalinata, dalla cima della quale si può ammirare un bellissimo panorama della zona circostante. Nelle varie sale possiamo ammirare stalattiti e stalagmiti di varie forme e dimensioni, che ricordano volti umani, draghi, funghi, tartarughe e un gigantesco….pene! Che sia questa la sorpresa che da il nome alla grotta? Ma non è finita qui: infatti questa particolare formazione rocciosa è ben “puntata” verso una scanalatura nel soffitto che ricorda molto l’organo riproduttivo femminile!  Sorpresa con….sorpresa! 
 
Ritornati  a bordo navighiamo ancora per un po’ nella baia ma la crociera oramai  sta volgendo al termine: Possiamo dire che  ed è stata davvero molto bella e piacevole, sia per ciò che abbiamo visto sia per la nave utilizzata. Anche il servizio di bordo è stato impeccabile e tutti membri dell’equipaggio si sono sempre dimostrati disponibili ad ogni eventuale esigenza.   Alle 11 attracchiamo al porto e pochi minuti dopo ecco arrivare il simpatico Su a prenderci per continuare il nostro viaggio. Viaggio che qui al nord sta oramai per concludersi. Con Uè e Su si è instaurato un ottimo rapporto fin da subito e ci spiace davvero tanto che non possano accompagnarci nel prosieguo del tour.  Questo infatti è l’ultimo giorno con loro, in serata ci sarà il volo per Hue, dove incontreremo i nostri nuovi accompagnatori. Facciamo una breve  sosta in un negozio che vende perle e prodotti vari, quindi via verso Hanoi, dove abbiamo in mente di fare ancora un giro nella città vecchia, per  effettuare qualche acquisto last minute nei suoi invitanti negozietti.  Ma strada facendo quella che in partenza era solo un’idea sta sempre più diventando una vera e propria voglia: la voglia (mia, non della Anna) di assaggiare il serpente. Uè dice che è possibile ma che deve avvisare l’agenzia di questa aggiunta al programma, in quanto dobbiamo fare un pò di km in più, per raggiungere il centro (praticamente la periferia di Hanoi) dove si cucinano serpenti ed altre “prelibatezze”. Per la deviazione ci viene chiesta la cifra di 32 dollari. Ok, decidiamo di andare, del resto ora o chissà quando. Forse mai più, quindi via! Uè e Su sono d’accordo sul dividerci il pranzetto, per non sprecare nulla, nel caso non sia di mio gradimento. Il locale dove ci fermiamo è molto carino, con alcuni piccoli laghetti interni. Ci sono varie gabbie dove vengono tenuti serpenti, tartarughe, varani, pesci,piccioni e conigli. Di tutto un po’ , quindi.  I serpenti sono i più numerosi. Il ragazzo che ci accompagna apre la gabbia e tira fuori un serpente da un grande groviglio. Troppo grosso, meglio uno più piccolo.  Così ne scegliamo uno che al peso risulterà essere mezzo kg. Costo 25 dollari. Non è poco, ma come detto prima…ora o chissà quando.  Il rituale inizia in modo un po’ cruento. Il serpentello viene forato da vivo per far colare il sangue del cuore e il liquido verdastro dei reni in alcuni bicchierini contenenti  liquore locale. Da queste parti infatti è normale bere questi intrugli. A me piace assaggiare un po’ di tutto in un viaggio, ma qui mi sono fermato e ho declinato l’offerta. E anche Uè e Su, a dire il vero. Seduti a terra, attorno ad un basso tavolinetto, attendiamo fiduciosi il particolare pasto. Pochi minuti ed ecco arrivare la nostra prelibatezza, cucinata in vari modi:  polpettine di verdure e carne, pelle e frattaglie  fritti, involtini fritti di carne e legumi, ossa triturate con semi vari. Beh, ne hanno di fantasia in cucina! Comunque assaggio tutto, mentre la Anna si limita ad osservare e a sgranocchiare un po’ di buonissimo riso fritto. Devo dire che il serpente non è poi così male, soprattutto gli involtini sono gustosi. Pelle ed interiora invece sono un po’ “gommose”. Certo i crostacei della baia erano un’altra cosa ma si  è trattato in ogni caso di una bella esperienza ed io sono contento di averla fatta.
 
Rientrati ad Hanoi abbiamo tutto il tempo (il volo per Huè partirà alle 20) per gironzolare ancora un po’ nella città vecchia dove acquistiamo alcuni vassoi in bambù che avevamo adocchiato durante la prima visita.  Ma il tempo passa veloce  e si è fatta l’ora di  andare all’aeroporto. Qui giunti salutiamo calorosamente e con un po’ di emozione i nostri due bravi accompagnatori. Con loro siamo stati davvero bene, sono sempre stati gentili e disponibili, sempre pronti ad esaudire le nostre richieste. Lo faremo presente all’agenzia, si tratta di  due persone davvero splendide e come detto ci spiace tanto non poter continuare il viaggio con loro.  Ciò che abbiamo visto nella parte settentrionale del Paese ci è piaciuto molto, abbiamo vissuto esperienze bellissime e diverse, dal caos di Hanoi con la sfida perenne dell’attraversamento stradale alla pace e tranquillità di Sapa, con i suoi colorati mercati e con le sue nebbie padane. 
 
 
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Ma ora si volta pagina, si va  nel Vietnam centrale. Siamo certi  che pure qui avremo modo di vedere molte cose interessanti e particolari. In meno di un’ora di volo eccoci  a Huè,  l’antica capitale sotto il dominio della dinastia Nguyen. La città, che ora conta al’incirca 400.000 abitanti, offre al visitatore numerosi palazzi, tombe  e templi  e sorge in una splendida posizione lungo il Fiume dei Profumi. Ad attenderci troviamo la signora Huong, detta Profumo ed  il nuovo autista, di cui colpevolmente non ricordiamo il nome. Profumo parla un buon italiano e ci dice orgogliosamente che lo ha studiato da sola. Complimenti!  Qui alloggiamo all’hotel Romance, davvero molto bello. Ora un bel riposo è quello che ci vuole, poi domani via alla scoperta della città .
 
La giornata è splendida e la nostra Profumo è puntualissima. Con nostra sorpresa indossa pantaloni lunghi, giacchetta di jeans, occhiali scuri e come se non bastasse apre pure l’ombrello, per essere sicura di non farsi colpire dai potenti raggi solari! E’ mattino presto ma fa già un gran caldo. Vabbè che a loro non piace la pelle abbronzata ma con il caldo che c’è e soprattutto che ci sarà nel corso della giornata……
 
Iniziamo dalla Cittadella, praticamente una città nella città, racchiusa da possenti mura per una lunghezza totale di 10 km.  Prima di varcare la porta di ingresso, diamo un’occhiata alla Torre della Bandiera, dove su un pennone di 37 metri sventola una grande bandiera del Vietnam e poco oltre ai Nove Cannoni Sacri, costruiti in ottone e pare mai utilizzati. Sono davvero grandi, lunghi 5 metri e pesanti all’incirca 10 tonnellate ciascuno. L’interno della Cittadella presenta diversi edifici ben restaurati e altri in fase di restauro ma purtroppo molte aree sono andate distrutte  a causa dei pesanti bombardamenti  e di varie costruzioni  non resta altro che qualche masso a delimitarne il perimetro. In quello che era il Recinto Imperiale si trovano il Palazzo dell’Imperatore, i più importanti edifici pubblici e le sale degli uffici dei mandarini. Andando avanti si entra nella Città Purpurea Proibita,  che un tempo era ad uso esclusivo dell’imperatore con le sue concubine. Potevano accedervi solamente gli eunuchi, in quanto non rappresentavano alcun pericolo per le numerose fanciulle. E’ comunque molto piacevole passeggiare in questa città nella città, tra edifici in buono stato e altri ridotti a macerie o poco più, immaginando con la fantasia come dovesse svolgersi la vita a quei tempi. 
 
Terminata la visita alla Cittadella, raggiungiamo due grandi  tombe imperiali, quella di Minh Mang  e quella di Tu Duc.  Entrambe sono davvero maestose, veri e propri complessi architettonici, ricche  come sono di templi, monumenti, palazzi, ed  eleganti giardini e laghetti. All’ingresso di  ogni complesso  vi è una grande stele di pietra su cui è incisa, a caratteri cinesi, la storia  dell’Imperatore.
 
Huè è la “capitale” dei cappelli a cono, che qui vengono prodotti in maniera particolare, inserendo all’interno dei motivi floreali o scene di vita contadina, visibili quando si mette il cappello controluce. Un giretto tra le varie bancarelle e negozietti che incontriamo lungo la strada che ci porta all’hotel è pertanto d’obbligo. E come sempre al termine del giretto c’è qualche borsina in più da trasportare…..
 
Quattro passi al mercato locale non possono di certo  mancare e qui, per la prima volta dopo aver visitato ovunque innumerevoli mercati grandi e piccoli, possiamo notare all’ingresso un grande pannello con appiccicate le foto di varie persone, uomini e donne. Si tratta di coloro che sono stati sorpresi a rubare nel mercato e quindi si è provveduto a mettere una loro foto in bella evidenza, con tanto di nome e cognome e breve descrizione del reato commesso, per avvisare tutti del “pericolo” possibile. Davvero ingegnoso e secondo noi utile.
 
Qui a Huè  le visite sono finite, con Profumo ci rivedremo l’indomani mattina per raggiungere Hoi An. La sera passeggiamo tranquillamente per le vie nei dintorni dell’hotel, dove abbondano negozietti e localini vari. Ci sono molti turisti, il clima è piacevolissimo. 
 
Il mattino successivo, ancora con una splendida giornata di sole, riprendiamo il nostro viaggio per raggiungere Hoi Han. La strada percorsa è piuttosto trafficata ma sempre in buono stato ed il viaggio fila via liscio e senza problemi, anche grazie al nostro buon autista  che guida sempre con molta prudenza e rispetta scrupolosamente i limiti di velocità, anche dove il segnale indica i 30 km/orari. Quasi come da noi…. Nell’area che attraversiamo sono  molto famose le lavorazioni in marmo e dunque ci fermiamo a visitare un grande negozio strada facendo, anche per sgranchirci un po’ le gambe e far rifiatare un po’ il nostro driver.  Ma qui, strano ma vero, non acquistiamo nulla. Vuoi perché gli oggetti in marmo pesano assai, vuoi perché i prezzi sono decisamente alti e non trattabili.  Dopo una lunga salita raggiungiamo la cima del cosiddetto Colle delle Nuvole, dalla quale si può godere di un bellissimo panorama  sul litorale circostante, con le bianchissime spiagge da una parte e la grande città di Danang dall’altra. Terza città del Vietnam , conta all’incirca   800.000 abitanti ed  è il più importante porto della parte centrale del Paese. E’ una città moderna, con i suoi grattacieli e con i suoi ponti spettacolari e qui sbarcarono le prime truppe di marines americani durante la guerra con gli Stati Uniti.  Al Colle delle Nuvole facciamo una sosta  di circa  una mezz’oretta , quindi scendiamo a valle e dopo aver attraversato Danang, giungiamo  a Hoi An in  meno di un’ora.
 
Hoi An è un cittadina di circa 130.000 abitanti che è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e vanta un bellissimo centro storico, visitabile comodamente a piedi viste le sue non grandi dimensioni. A Hoi An alloggiamo all’hotel Vinh Hung 2, bello e situato in pieno centro storico, quindi in una posizione davvero ottima. L’unico neo è la camera che ci viene assegnata, un po’ troppo piccola e scomoda.  
 
Dopo un buon pasto a base di succulenti gamberoni, sotto un sole che definire cocente è dire poco e con Profumo super protetta dai raggi solari, iniziamo le visite in programma. Prima di immergerci nel centro storico, con l’auto raggiungiamo  la Pagoda di Chuc Thanh, la più antica della città. La pagoda è stata del tutto ricostruita e di originale rimane solamente la porta di ingresso. Al suo interno è possibile ammirare diverse campane e alcuni gong. Qui siamo partecipi di un simpatico siparietto: alcune donne stanno pranzando e vedendoci passare nei pressi, ci invitano a mangiare qualcosa con loro. Io non me lo faccio ripetere due volte e mi diletto ad assaggiare un po’ delle loro pietanze. Gli involtini fritti di verdure,  in particolare,  sono davvero molto buoni. Le donnine sono contente di ciò e continuano ad offrici di tutto .Ma sono ancora più felici e ridono di gusto quando mi metto tra loro per una foto ricordo.  Dopodichè  ritorniamo in centro e via alla passeggiata nel centro storico.
 
Prima sosta al Ponte Coperto Giapponese, uno dei simboli di Hoi Han. Si tratta di una costruzione di piccole dimensioni, eretto dai giapponesi nel 1590 per collegare il loro quartiere a quello cinese situato sulla sponda opposta.  Agli ingressi del ponte vi sono da una parte  una coppia di scimmie e dall’altro una coppia di cani: pare infatti che la costruzione del ponte sia iniziata nell’anno della scimmia e terminata in quello del cane.  Sulla parte centrale del ponte vi è anche un piccolo tempietto.
 
Appena oltre il ponte c’è la casa antica di Phung Hung, una delle più visitate e più belle in assoluto. Ad  Hoi Han vi sono molte case antiche , di mercanti o commercianti, tutte ben restaurate e conservate.  Nella grande sala d’ingresso sono presenti mobili  antichi e originali, francesi e cinesi, con splendidi intarsi in madreperla. Anche le camere situate al piano superiore presentano mobili degni di nota e porcellane assortite.  Peccato però, che in ogni stanza, oltre che ai preziosi oggetti antichi, siano presenti svariate “postazioni” per la vendita di souvenir. Questo stona non poco con l’ambiente, anche se va capita la necessità dei proprietari di “arrotondare” le entrate, in quanto il governo  pare non elargisca granché per i lavori di mantenimento della casa. Tutto il mondo è paese…..
 
Eccoci poi al tempio cinese, dove all’interno, penzolanti dal soffitto, vi sono numerose  e grandi spirali simili a zampironi, appese e accese dai fedeli  che vogliono chiedere una grazia alle divinità. Cremando lentamente creano un fine e leggero fumo che si diffonde nell’aria.  
 
E non poteva mancare una visita al mercato coperto, dove bancarelle che vendono di tutto e di più si alternano a piccoli ristorantini per locali. Lungo la strada adiacente all’edificio del mercato numerose persone vendono svariate qualità di pesci, anguille, rane e tartarughe. Come al solito è sempre piacevole passeggiare nei mercati, veri scenari di vita locale autentica.  Questa è stata l’ultima visita con Profumo, domani avremo una giornata da gestire in autonomia. Profumo e l’autista sono stati gentilissimi e disponibili e siamo contenti di averli avuti come nostri accompagnatori qui nel centro del Paese, anche se siamo stati insieme poco tempo.  Cala la sera sulla bella Hoi An e con essa la temperatura si fa più mite ed è davvero bellissimo passeggiare tra le viuzze del centro storico, tra negozietti di tutti i tipi e invase da tantissima gente. Vi è anche un  piccolo ma carinissimo mercatino, con tante bancarelle nelle quali si possono trovare i più svariati tipi di souvenir. E poi le tantissime lampade cinesi, accese e appese ovunque, fuori dai ristoranti, dai negozi, nelle bancarelle o ai rami degli alberi, donano a questa parte della città un’atmosfera davvero unica e magica. Sulle calme acque che scorrono  nel  canale dinnanzi al  centro storico, vengono rilasciate decine di  lumini votivi  galleggianti dalla gente del posto ma anche dai turisti, per richiedere magari una grazia o buona fortuna nella vita. Dal ponticello sul canale è davvero emozionante vedere tutti questi piccoli lumini allontanarsi lentamente. Per le stradine del centro storico vi sono moltissimi turisti, per lo più vietnamiti o orientali in genere, ma incontriamo anche diversi gruppetti di turisti “bianchi”. Non  andresti mai  a dormire , ma poi la stanchezza si fa un po’ sentire, per cui decidiamo per la “ritirata”.  I nostri piedi ringraziano.
 
Come detto oggi è un giorno libero, da gestire a piacimento. Potremmo andare a visitare le rovine di My Son, distanti poco meno di 60 km dalla città oppure semplicemente rilassarci un po’ su una delle belle spiagge qui presenti. La scelta cade sulla seconda opzione,  un po’ di sosta a questo punto del tour non fa di certo male (anche perché secondo la fidata Lonely Planet le rovine di My Son non è  che siano granchè…). Per raggiungere il mare bisogna fare all’incirca 7 – 8 km.  Si potrebbe anche andare in bicicletta, la strada è tutta diritta, ma fa molto caldo, per cui optiamo per un più confortevole e veloce (e fresco, anche!) taxi. La spiaggia, di sabbia bianca,  è molto grande, orlata di palme e con un bellissimo  ed invitante mare. Un bagno rinfrescante è quello che ci vuole.  Ma fa talmente caldo che si sta appena bene all’ombra delle palme, per cui rimaniamo solamente mezza giornata e quindi rientriamo all’hotel. E qui ecco il colpetto di sfortuna:  sarà forse per il sole fortissimo, forse per l’aria condizionata sparata a mille in ogni locale in cui siamo entrati nei giorni precedenti, o forse per ambedue le cose, fatto sta che non  mi sento troppo bene e accuso un po’ di febbre. Porca miseria, non ci voleva proprio! E’ troppo bella Hoi An per starsene chiusi in camera, ma è meglio non rischiare, c’è ancora una bella fetta di tour da fare e poi è più piacevole uscire di sera, con temperature più miti. Quindi pomeriggio a letto a riposare. La sera, nonostante le mie condizioni non siano molto migliorate, usciamo per cena e per una breve passeggiata nel centro storico. Ma visto il mio stato, non ce la godiamo molto. 
 
 
 
Trascorsa bene o male la notte, il mattino successivo di buon’ora lasciamo Hoi An per Danang, per il volo con destinazione Ho Chi Minh City, l’ex Saigon, la tentacolare metropoli vietnamita. Anche questo volo è in perfetto orario e in un’oretta circa arriviamo alla meta, dove ad accoglierci troviamo  la nostra nuova guida, un giovane ragazzo di nome Dang  e l’autista Tao. Dang parla un buon italiano e sembra subito molto gentile e disponibile. Con lui staremo però soltanto per la giornata odierna, in quanto sostituisce la collega che avrebbe dovuto essere con noi  ma che per colpa di un imprevisto  non ha potuto essere presente. La conosceremo l’indomani  e  ci “scorterà” poi fino alla fine del viaggio. Alloggiamo all’hotel Sapphire, buono e situato a circa 1 km e mezzo dalla zona del mercato Ben Thanh.  Dopo aver sistemato i bagagli in camera e consumato  un leggero pasto nel ristorante dell’hotel, partiamo  alla scoperta della città.  Saigon (più semplice chiamarla così e pure scriverlo!) è una città grandissima e caotica e conta più di 7 milioni di abitanti. L’inquinamento dell’aria è palpabile, vista l’enorme quantità di veicoli circolanti per strada, anche se a farla da padroni, come ad Hanoi del resto, sono i motorini, presenti davvero a migliaia ovunque. E anche qui il problema maggiore è attraversare la strada…. Dong  ci raccomanda di non tenere in mano borse o macchine fotografiche, ma di assicurarsi bene il tutto addosso, in quanto uno degli “sport” preferiti in città è lo scippo al volo, effettuato da individui a bordo di motociclette.  Anche qui fa caldo ma c’è molto vento e una continua alternanza di nuvole e sole, ma per fortuna non piove.
La prima visita è alla grande Cattedrale di Notre Dame. Costruita tra il 1877 ed il 1883 con materiali provenienti direttamente dalla Francia  è in stile neoromanico e presenta due altissime torri di circa 40 metri. L’interno è sobrio e vi sono varie nicchie dove vengono  depositati  i messaggi di ringraziamento per le grazie ricevute. Non possiamo fare il  giro internamente per intero, in quando sta iniziando la Santa Messa, che ascoltiamo per qualche minuto. Ci rechiamo poi a visitare l’edificio della Posta, situato proprio di fronte alla Cattedrale. Progettata da Eiffel (lo stesso della Torre di Parigi), si tratta di una grande costruzione che , a prima vista, ricorda in tutto e per tutto  una stazione ferroviaria. Anche all’interno la somiglianza è notevolissima. Vi sono molti sportelli per le varie operazioni ed è aperta tutto il giorno. Vi sono anche ( e non potevano di certo mancare, visto l’afflusso di molti turisti) alcuni negozietti di souvenir, dove, neanche a dirlo, riusciamo ad acquistare qualcosa.
 
La visita successiva è  alla Pagoda dell’Imperatore di Giada, una delle più belle della città. Prima di entrare vi sono due fontane-laghetto, nelle cui acque nuotano pesci e tartarughe. Pesci e tartarughe vengono portati come offerta  votiva e difatti nei pressi  notiamo molti venditori di questi animali. All’interno è forte l’odore dei tantissimi bastoncini di incenso che i fedeli accendono alle varie divinità, rappresentate da numerose statue, alcune delle quali dall’aspetto piuttosto inquietante. Molto curiosa è la saletta dove sono esposte dodici  statuette di figure femminili (anche se di femminile non hanno molto….), ognuna delle quali rappresenta una caratteristica dell’umanità (buona o cattiva che sia) ed uno dei 12 anni  presenti nel calendario cinese. 
 
Ci rechiamo quindi al Mercato di Ben Thanh,  situato in un grande edificio in cemento costruito nel 1914. Il  campanile con orologio,che svetta sull’ingresso principale,  rappresenta  uno dei simboli della città. All’interno si può trovare veramente di tutto, dall’elettronica all’abbigliamento tipico  senza tralasciare ovviamente quello “originale”delle grandi marche internazionali. E poi frutta, verdura, carne, spezie, dolci e souvenir di ogni tipo. Non ci fermiamo molto, più che altro un giro orientativo, perché l’ultimo giorno del tour sarà libero, quindi avremo tutto il tempo per sbizzarrirci tra le varie bancarelle.  L’ultima visita in programma è quella più interessante, anche se certamente la più “dura” per quello che ci offrirà. Andiamo infatti al Museo della Guerra. Nella spiazzo di fronte all’ingresso sono esposti  aerei ed elicotteri americani, carri armati, mezzi blindati, bombe  e cannoni. Ma ciò che colpisce al cuore è quello che si vede all’interno. Le foto che possiamo osservare raccontano bene l’orrore della guerra e un brivido ci assale ogni volta che ci soffermiamo su qualche immagine. Non si può restare indifferenti a ciò che si vede, soprattutto sapendo che si tratta di realtà e non di finzione. Come si può non commuoversi di fronte alla foto di Kim Phuc, la bimba che corre nuda e urlante nella strada tra altri bimbi  e con i soldati americani alle spalle? Come si può non commuoversi di fronte a foto che rappresentano il dramma di un intero popolo?  Quella  mamma con i suoi bambini che annaspa nell’acqua cercando di raggiungere la riva, la brutale esecuzione con un colpo di pistola alla tempia di un uomo in abiti civili, la  foresta  immortalata prima e dopo l’utilizzo del napalm, il bambino solo e piangente tra gli alberi completamente rinsecchiti  dopo i bombardamenti, sono solo alcune delle tante immagini che abbiamo visto e che non potremo mai dimenticare. E poi, come se non bastasse, ecco le foto di coloro che hanno subito gli effetti dell’utilizzo di agenti chimici. Purtroppo molti sono bambini, nati non solo nel periodo della guerra ma anche dagli anni 90 in poi, che presentano le più orrende menomazioni e deformazioni. Poi vi sono anche alcuni feti  deformati  conservati  in formalina.  Non voglio aggiungere altro su quanto visto in queste sale, solo il consiglio di andarci e osservare in silenzio le varie immagini, ricordando sempre che è tutto reale,  che  è storia,  che è una bruttissima pagina della storia dell’umanità e augurandoci soprattutto che tutto ciò non accada mai più.
 
Questa è stata l’ultima visita in programma a Saigon. Non ci resta quindi che salutare e ringraziare il buon Dang per la sua disponibilità,  mentre con Tao ci rivedremo l’indomani per proseguire il viaggio. Partenza stabilita per le ore 7, molto presto  in quanto sicuramente ci sarà grande traffico in città. E poiché la dovremo attraversare meglio non perdere tempo.
 
Puntualissimi ecco arrivare Tao e la nostra nuova guida, l’ultima, con la quale staremo fino alla fine del tour. Si chiama Linh e anche lei parla un’ ottimo italiano. Oggi ci aspettano le visite ai tunnel di Cu Chi  ed al tempio di Caodai . Per uscire dalla città, come previsto, impieghiamo parecchio tempo a causa dell’intenso traffico.  A farla da padrone sono migliaia di motorini che formano lunghissime file nelle grandi strade cittadine. Più volte infatti possiamo vedere scene di questo tipo, caotiche ma anche spettacolari.  Circa due ore dopo siamo a Cu Chi, luogo storicamente molto importante, dove sono presenti i famosi tunnel utilizzati dai vietcong durante la guerra con gli americani. Sono presenti nell’area  all’incirca 200 km di gallerie, che non servivano solamente per combattere ma anche per collegare le varie  zone di superficie che a causa dei fitti bombardamenti erano praticamente intransitabili e assai pericolose. Inoltre, in questi cunicoli costruiti tra i 3 ed i 9 metri sottoterra, la gente ci viveva, nascosta agli occhi del nemico. Questo è ben documentato da un plastico, una  ricostruzione che abbiamo potuto vedere prima di cominciare l’esplorazione della zona e che spiega ottimamente il funzionamento di questo ingegnoso  sistema. Si trattava in pratica di vere  e proprie città sotterranee.  Un particolare sistema di aerazione, ad esempio, faceva in modo che il fumo delle cucine uscisse assai più lontano dal punto dove vi erano le camere abitate, non tradendo quindi la presenza umana del luogo. Piccole collinette di terra con relative piante sopra e tutto intorno, allora perfettamente mimetizzate con l’ambiente della foresta circostante e quindi all’apparenza del tutto naturali, presentavano dei fori alla base (facilmente scambiabili con tane di piccoli roditori), attraverso i quali entrava l’aria per poter respirare di  sotto. Queste collinette ora sono ben visibili ai turisti, in quanto appositamente  isolate dalla vegetazione circostante. Si trattava davvero di un rudimentale ma assai funzionale sistema di aerazione e ventilazione dell’ambiente sottostante. Prima di iniziare il giro nella zona, ci viene mostrato un dvd (in lingua italiana) che spiega bene, con immagini originali dell’epoca, la storia di Cu Chi e delle sue gallerie. La visita poi  si svolge seguendo un percorso  praticamente obbligato, dove ad ogni “fermata” si possono vedere molte cose interessanti ed importanti dal punto di vista storico. Vi sono le riproduzioni delle trappole che i vietcong mettevano nella foresta, esposizioni  di armi e bombe americane, le trincee ancora visibili tra la vegetazione. Qua e là si possono anche notare  i grandi buchi provocati dalle bombe sganciate dai B52 americani e c’è anche un grosso carro armato originale, caduto in battaglia..  Un inserviente ci fa vedere come si entrava (facendosi lentamente scivolare)  nei tunnel, attraverso una stretta apertura  in superficie coperta da una botola  perfettamente mimetizzata con l’ambiente circostante e che veniva poi accuratamente ricoperta di foglie prima di richiuderla. Provo anche io e devo dire che il passaggio è davvero stretto, ci si entra a malapena.  Ci fanno anche percorre una decina di metri in un tunnel, dove bisogna camminare  accovacciati e molto lentamente.  Questi tunnel , dopo il restauro,  sono un po’ più larghi degli originali, anche se di poco, per meglio permettere ai turisti l’esperienza di camminare anche solo per pochi metri al loro interno. Li dentro fa un caldo asfissiante, poche decine di metri ti stroncano  e se si pensa che all’epoca ci entravano velocemente con le loro armi ed equipaggiamenti certamente ingombranti  non si può far altro che rimanere sorpresi da tutto ciò. Cu Chi può tranquillamente essere eletto  come luogo   simbolo della resistenza e della determinazione  di questa gente, che voleva a tutti i costi scacciare gli americani dalla loro terra ed era disposta a qualsiasi sacrificio pur di riuscire in questo intento.  Non mancano, ovviamente,  alcuni piccoli negozietti, che visitiamo e dove acquistiamo delle belle sciarpe in cotone. Si possono acquistare anche  simpatiche riproduzioni di aeroplani e carri armati costruiti con le lattine delle bibite e addirittura dei sandali fabbricati  utilizzando la gomma degli pneumatici oramai inutilizzabili.
 
 
 
Lasciato Cu Chi, ci dirigiamo verso Tay Ninh, dove nei pressi è situato il Grande Tempio di Cao Dai, praticamente la Santa Sede della religione caodaista. Dobbiamo arrivare entro le 12 perché a quell’ora c’è la Messa alla quali i turisti possono assistere da appositi spazi situati in alto nelle balconate,  da dove si ha una bellissima visione della cerimonia. Il Tempio è molto bello, grande e colorato.  Facciamo con calma il giro della grande sala interna, dove sarà celebrata la Messa e dove è ben visibile, disegnato su una grande sfera, l’Occhio Divino, vero e proprio simbolo della religione stessa. Si possono fare fotografie all’interno, solo l’Occhio Divino andrebbe evitato. Già, andrebbe…. Ma poiché non vi sono molte persone in giro qualche scatto riusciamo a farlo ugualmente  senza rischiare il rimprovero o peggio l’espulsione dal Tempio. Pochi minuti prima della Messa alcuni sacerdoti ci invitano a lasciare la sala e a salire sulle balconate, dove sono presenti  parecchi turisti. Poi ecco arrivare  i fedeli: in perfetto ordine donne e uomini, tutti vestiti di bianco, entrano all’interno, disponendosi le une nella parte sinistra e gli altri nella parte destra. Alcuni sacerdoti, vestiti di rosso, giallo e blu, si dispongono di fronte all’Occhio Divino e danno inizio alla funzione, con in sottofondo la musica e i canti dell’orchestra e del coro situato in alto tra le due balconate.  Si cantano inni e litanie varie e i fedeli , seduti a terra, ritmicamente si alzano e si prostrano verso l’Occhio Divino, per poi risedersi a terra. E’ uno spettacolo straordinario, autentico e non riprodotto per turisti. Si possono  fare fotografie, con discrezione, ma soltanto dalle balconate, senza possibilità di scendere nella sala sottostante. Chi scende dalle balconate deve uscire dal Tempio. Assistiamo per una mezz’ora alla funzione, quindi decidiamo che può bastare e prendiamo la via dell’uscita. 
 
Passeggiamo un poco al di fuori del Tempio, per ammirarlo in tutta la sua grandezza e in tempo per ricevere un’ammonizione a mezzo fischietto da un guardiano, causa fotografia scattata da una posizione non consentita (stavo passando in un tratto della grande piazza esterna vietata ai turisti….. chissà perché, forse lì ci passano solo i fedeli e gli adepti di questa religione, mah….). Dopo un pranzetto semplice e leggero riprendiamo la via verso Saigon, dove arriviamo verso le 17. Con Linh e Tao ci rivedremo l’indomani mattina per partire alla volta dell’intrigante Delta del Mekong e dei suoi caratteristici mercati galleggianti. La sera decidiamo di spingerci  fino alla zona del mercato di Ben Thanh, che raggiungiamo in circa 30 minuti (la maggior parte dei quali spesi nell’attesa di  poter attraversare la strada). La temperatura è ottima, non c’è più il caldo asfissiante del pomeriggio e passeggiare tra le vie della città, a parte il traffico e il problema dell’attraversamento stradale, è davvero piacevole. Il mercato ovviamente è chiuso ma tutt’intorno all’edificio vi sono numerosissime bancarelle che vendono i più svariati souvenir  e una grande varietà di abbigliamento, maglie, magliette, pantaloni di  grandi firme,  il tutto rigorosamente “originale”. Vi sono pure diversi ristorantini  nei quali è possibile gustare pesce e specialità locali. Tantissima gente in giro, tantissimi i turisti. Dopo aver ispezionato per bene le varie bancarelle e aver concluso qualche piccolo acquisto, facciamo ritorno all’hotel. Un po’ di riposo ora ci vuole proprio.
 
Quarantamila  kmq, circa 17 milioni di abitanti nella zona: sono questi i numeri impressionanti che ci presentano l’ampio Delta del Mekong, una delle zone più fertili  del Paese, tanto da essere definita come la “risaia” del Vietnam  stesso.  Il riso prodotto qui è sufficiente infatti a soddisfare l’intero fabbisogno nazionale ed una parte viene persino esportarla. In quest’area, decisamente a vocazione agricola, si coltivano anche canna da zucchero, noci di cocco e frutta di ogni tipo.  
 
Raggiungiamo la cittadina di My Tho, il punto d’ingresso classico per il delta e da qui a bordo di una tipica imbarcazione iniziamo la navigazione su uno dei rami del grande fiume. C’è molta acqua, color caffelatte a causa delle intense piogge dei giorni scorsi. Ma noi siamo fortunati e nonostante sia nuvoloso per ora di pioggia non ne vediamo. Imbocchiamo poi un canale più stretto,  con una folta vegetazione, soprattutto costituita da palme di cocco d’acqua, le cui fronde si tendono sinuose in ogni direzione.  Il frutto di questa pianta, che possiamo vedere più volte galleggiare sull’acqua, è differente da quello classico, più grande,  anche se guardandolo bene sembra formato da un insieme di cocchetti saldati tra loro. La polpa è più gelatinosa e il sapore, comunque buono,  è  un poco differente dal fratello più conosciuto. Ci fermiamo in un localino molto ben sistemato tra la vegetazione per una degustazione di frutta locale. Papaya, ananas, anguria, dragon fruit, pompelmo: bellissimi da vedere, ancora di più da gustare. C’è anche un piccolo negozietto, che non manchiamo di esplorare. Un simpatico ometto ci offre la possibilità di fare la classica foto con un grosso pitone avvolto al collo, opportunità che io colgo con piacere mentre la Anna si defila con decisione e si limita a fare le foto. 
 
Il giro prosegue a piedi, con una passeggiata nei dintorni. Un violento acquazzone ci sorprende, ma per fortuna non dura che pochi minuti. Quindi breve trasferimento su un carrettino trainato da un cavallo fino a raggiungere il punto di imbarco dove una piccola barchetta ci attende per navigare su un canale davvero stretto e con poca acqua limacciosa. In circa una ventina di minuti sfociamo nuovamente nel grande canale dal quale eravamo partiti. Qui troviamo ad attenderci  la barca che ci riporta a My Tho, dove pranziamo  prima di riprendere la via per Cai Be , sempre più all’interno del Delta del Mekong. I grandi e caratteristici mercati galleggianti ci stanno aspettando e noi non vediamo l’ora di poterli vedere.
 
A Cai Be soggiorniamo allo splendido  Hotel Mekong Lodge, immerso in un bel giardino sulle rive del fiume. Le camere sono in casette interamente costruite in bambù, in perfetta simbiosi con l’ambiente circostante. Dopo aver sistemato le nostre cose in camera, con Linh e un inserviente dell’hotel, inforcate le biciclette, ci dirigiamo alla scoperta dei dintorni.  I villaggi che attraversiamo sono semplici ma le casette sono in muratura e dotate di elettricità. Stretti sentieri, a tratti sterrati a tratti pavimentati, si diramano in varie direzioni . Niente auto, qui. Si va a piedi o al massimo in bici o in motorino. Durante il percorso possiamo visitare la pagoda buddista di Phu Chau dal bel colore bianco e tetto smeraldino. In cielo nerissimi nuvoloni fanno pensare al peggio e difatti sulla via del ritorno siamo investiti da un violentissimo, seppur breve, temporale, che ci costringe ad una sosta all’interno di  un negozietto proprio sulla sponda del canale. Dalla qui si possono vedere benissimo le imbarcazioni del mercato, non molto grande per la verità. Linh ci avvisa che quello che vedremo in seguito a Cai Rang sarà tutto un’altra cosa.  Ma anche questo è comunque interessante, con le barche-negozio che vendono ogni tipo di frutta e verdura e che espongono su un alto pennone i prodotti in vendita, in modo da “avvisare” i potenziali acquirenti della merce lì presente. Molto suggestiva è comunque la visione che si apre da qui, con le varie barche ancorate, le case a palafitta sull’altra sponda e con la grande cattedrale cattolica sullo sfondo. Uno sfondo davvero particolare e curioso.
 
La giornata si conclude con un’ottima cena al Lodge a base di succulenti gamberoni, sotto un cielo stellato che lascia ben sperare per l’indomani.
 
Con Linh l’appuntamento è per le 9, ma noi siamo già svegli dalle 6.Così decidiamo di fare una passeggiata sulle stradine percorse ieri, cercando di arrivare fino al punto in cui è visibile il mercato galleggiante. E’ già chiaro ed il tempo è buono.  Ma come per magia o se volete come per un oscuro sortilegio, poco dopo  l’inizio della nostra camminata, il cielo si copre di minacciosi nuvoloni neri  e poco dopo ancora ecco un violento acquazzone. Riusciamo ad arrivare comunque al punto di osservazione del mercato, ma non ci fermiamo molto, visto il tempo che c’è. La cosa buona  però è che questi improvvisi e forti acquazzoni sono di breve durata, tanto è vero che ben prima dell’incontro con Linh, non piove più e spazi  di azzurro si fanno sempre più ampi sopra le nostre teste. Un clima davvero variabile ed imprevedibile!  Imbarcati i bagagli e dato un ultimo saluto al bellissimo Mekong Lodge,  ricominciamo l’esplorazione dei canali circostanti,  piuttosto stretti e con una vegetazione folta e lussureggiante, tra la quale spuntano  diverse case di pescatori o agricoltori,  piccole ma ben curate.  Ogni tanto  ci fermiamo e passeggiamo un poco nei vari villaggi, dove non mancano mai negozietti di souvenir. In uno di questi villaggi, possiamo vedere come vengono prodotte le caramelle al cocco: sono tipo le nostre mou ed è impressionante la velocità con la quale una ragazza le prepara, tagliando a pezzettini  la lunga striscia di pasta e confezionando poi i cubetti ottenuti uno ad uno. Poco più in là un’altra ragazza sta abilmente preparando la carta di riso che sarà utilizzata per i famosi involtini. Molto particolare è poi la preparazione del riso soffiato, tipo il nostro pop-corn. Prima viene fatta scaldare della sabbia in un grande contenitore, tramite un forno  alimentato a pula di riso (qui non si spreca nulla, tutto serve). Una volta raggiunta la temperatura idonea, vengono gettate all’interno del contenitore alcune manciate di riso che, scoppiettando si gonfiano in pochi secondi, dando così vita al cosiddetto riso soffiato. Poi si passa al setaccio il tutto, eliminando le impurità ed il gioco è fatto. Ed è anche molto gustoso, così appena cotto. E altrettanto interessante è la preparazione del riso soffiato caramellato, con l’ottenimento alla fine del processo, di pani di riso che vengono tagliati a pezzi più o meno grandi e quindi confezionati. Sosta per pranzo presso la casa di Mr. Kiet, un’antica costruzione risalente al 1838, storica e molto ben conservata, con un ampio salone interno dove al centro spicca l’altare del Budda  per la commemorazione dei defunti e per le preghiere. Vi sono anche molti mobili antichi, tutti ben curati . Nel grande frutteto di proprietà fanno bella mostra di sé grandi pompelmi, limoni, enormi  jackfruit e durian.
 
Il sole ci accompagna sempre, la giornata è bellissima e riprendiamo quindi la nostra navigazione, lasciando gradualmente i canali più piccoli per inoltrarci in un ramo molto grande del Mekong, dove, ci dice il barcaiolo (grazie alla traduzione di Linh, ovviamente) la profondità supera i 20 metri. Facciamo poi una breve sosta per dare un’occhiata ad una fornace per la produzione di mattoni, dove non sono solo gli uomini a lavorare, ma anche le donne. Alcune giovani ragazze, stanno infatti spingendo pesanti carretti pieni di mattoni pronti per la cottura e quindi, una volta raggiunto il forno, li adagiano uno ad uno su un nastro trasportatore che li depositerà direttamente all’interno della struttura. Un lavoraccio, molto faticoso e con tutto quel caldo poi….
 
Dopodichè riprendiamo la navigazione per raggiungere Vinh Long, dove troviamo ad attenderci il nostro Tao. Da qui in circa un’ora arriviamo a Can Tho, dove alloggiamo all’hotel Kim Tho, bello e situato in splendida posizione, a pochi passi dalla passeggiata sul lungofiume e da un simpaticissimo mercatino di souvenir e tessuti vari.  Inoltre vi sono moltissimi locali  e  ristoranti. Can Tho è la maggior città di questa regione e rappresenta il nucleo vitale del grande delta. Da qui si parte per l’esplorazione dei tanti mercati galleggianti presenti nella zona. Noi visiteremo quello di Cai Rang,  situato a circa 6 km dalla città  e che è senza dubbio il più grande di tutti i mercati galleggianti del delta del Mekong.
 
Ceniamo con la cara Linh,  Tao invece ha preferito andare con alcuni suoi colleghi . Più tardi passeggiamo tranquillamente sul lungofiume, dove c’è moltissima gente. La temperatura è gradevolissima  e pure la visita al mercatino risulterà tale, nel senso che pure qui siamo riusciti a trovare qualcosa da acquistare. Ma su questo non c’erano dubbi.  Domattina  però si partirà prestissimo, alle 5, per andare  a visitare il grande mercato di Cai Rang. Le primissime ore del mattino sono infatti le migliori in assoluto per la visita di questi mercati, sia perché sono molto più numerosi i venditori e gli acquirenti, sia perché fa semplicemente più fresco!  Non vediamo l’ora di esserci, per cui, anche se un po’ controvoglia,  ci ritiriamo per un bel riposo, con il pensiero allo spettacolo cui potremo assistere l’indomani. 
 
E’ ancora buio pesto quando alle 5 partiamo per raggiungere il vicino imbarcadero. E’ buio pesto ma ci sono molte persone che fanno ginnastica sul lungofiume e molti turisti che stanno aspettando la loro barca per andare al mercato. Una mezz’oretta di navigazione  ed eccoci a Cai Rang. Nel frattempo si è fatto chiaro , la giornata si preannuncia splendida, vista la totale assenza di nubi in cielo. Decine e decine di barche di ogni dimensione sono ancorate sul ramo del fiume, con il loro alto pennone su quale i venditori hanno attaccato l’oggetto in vendita sulla loro imbarcazione. Frutta e verdura la fanno da padrone, ovviamente. Cipolle, ananas, angurie, patate, verdure di ogni tipo. Le barche sono così cariche che la linea di galleggiamento è bassissima, molte paiono addirittura sul punto di affondare. E tra loro c’è un via vai di barche più piccole, quelle dei clienti, che fanno lo slalom tra le barche-negozio, alla ricerca di quanto desiderato. Ma non solo: vi sono anche barchette che vendono generi alimentari, pane e  “primi piatti” tipici, bibite, caffè e the, in pratica dei veri e propri ristorantini “prendi e vai” galleggianti. E vi è pure un ometto che vende biglietti della lotteria! 
 
Con la nostra barca scivoliamo molto lentamente nel mercato galleggiante, osservando e fotografando senza problemi lo svolgersi delle contrattazioni. E’ uno spettacolo bellissimo, reale e per nulla turistico. Facciamo più volte avanti e indietro e ogni passaggio sembra diverso dal precedente,  tanti  sono i momenti particolari cui possiamo assistere. Rimaniamo al mercato ben  più di un’ora. Al ritorno poi facciamo una sosta al mercato “terrestre”,  dove si  vendono pesce, carne e ancora frutta e verdura. Da qui ritorniamo a piedi, con una breve passeggiata, al nostro hotel per la colazione. La visita al mercato di Cai Rang ci è piaciuta molto, perché come detto davvero autentico  e vale quindi del tutto la levataccia mattutina. 
 
Riprendiamo la via per Saigon, ora il nostro tour purtroppo sta davvero per finire. Ancora due visite in programma, la casa antica di Duong Chan Ky e la Pagoda di Munirangsyaram.  Nella prima, vecchia di ben 130 anni e dove furono girate scene del film “L’Amante”, possiamo ammirare  dei bellissimi mobili antichi  in legno,  che presentano  svariati disegni  intarsiati di madreperla. La casa è ottimamente  conservata e restaurata, con un bel giardino proprio di fronte . La seconda invece è una pagoda buddista in stile kmer, edificata nel 1946, con grandi  tetti dorati ma con l’interno piuttosto semplice.  Vivono qui diversi monaci, alcuni dei quali stanno pranzando in silenzio in una spoglia sala, seduti per terra. Giungiamo a Saigon nel tardo pomeriggio e con Linh e Tao ci diamo appuntamento per l’indomani sera,  per il trasferimento all’aeroporto. Domani avremo una giornata da gestire a nostro piacimento, in totale autonomia.
 
Anche l’ultima giornata in terra vietnamita inizia con i migliori auspici: sole e caldo. Per quanto riguarda il tempo, non ci possiamo proprio lamentare. E’ piovuto, certo, ci aspettavamo questo, ma la pioggia non ha mai guastato le nostre visite.  Prima tappa odierna, ovviamente, il mercato di Ben Thanh, per “ispezionarlo” con calma in lungo e in largo, concludendo così  gli ultimi acquisti. Giriamo anche un poco in alcune vie dove sono presenti negozi eleganti e di grandi marchi internazionali, poi diamo un’occhiata al Palazzo dell’Opera. La giornata fila via velocissima, quasi non ci rendiamo conto che si è già fatta l’ora di ritornare in hotel per preparare i bagagli per la partenza.  E qui, mentre attendiamo la nostra Linh, ecco l’ultima piacevole sorpresa che il Vietnam ci regala. Anzi, che mi regala. Alla reception mi chiedono se mi va di prendere parte ad un servizio fotografico, assieme ad una carinissima dipendente dell’hotel, per pubblicizzare il  loro servizio internet sulla brochure  informativa. Accetto volentieri  e con la ragazza ci cimentiamo in varie pose di fronte ai computer, attenendoci alle indicazioni del fotografo e del suo staff. Una di queste foto sarà poi inserita nel sito dell’ hotel. Così è stato e me ne hanno pure  inviata una copia per ricordo.  Nel frattempo è arrivata anche Linh, dunque non ci resta che caricare i bagagli in auto e partire in direzione aeroporto. Il nostro viaggio ora è davvero finito, Linh ci scorta fino al chek-in  dove ci salutiamo con un grande abbraccio e con gli occhi un po’ lucidi. Il  volo è in perfetto orario, si parte, si torna a casa. Non ci resta ora che ripercorrere con la mente tutto questo lungo e bellissimo viaggio, tutte le innumerevoli  emozioni che ci ha donato. Non sempre si è trattato di emozioni  piacevoli, come ad esempio quelle provate durante la visita al Museo della Guerra di Saigon, ma tutte hanno comunque contribuito a renderlo unico ed indimenticabile. E certamente non dimenticheremo mai la  gente, che ovunque si è sempre mostrata gentile nei nostri confronti.  Un viaggio perfetto, quindi, un viaggio che resterà per sempre impresso nella nostra mente e nel nostro cuore. Abbiamo  visto ambienti e scenari differenti tra loro ma tutti molto interessanti e particolari,  passando  dalla frenetica  e calda Hanoi alla tranquillità di Sapa, con i suoi mercati  e le sue nebbie, poi la bella esperienza di Mau Chau e la meraviglia della Baia di Halong. E come dimenticare il centro del Paese con Huè e soprattutto la splendida Hoi An? E poi giù al Sud, con la super caotica e inquinata Saigon, i tristi luoghi della guerra e lo spettacolare delta del grande Mekong. Insomma, davvero abbiamo visto di tutto e tutto ci è piaciuto moltissimo, a parte il traffico ovviamente! E pazienza se per attraversare una strada bisogna farsi il segno della Croce e votarsi  a quanti più Santi si conoscono! Anche questa è stata un’esperienza, un’esperienza tipicamente vietnamita. 
 
Per concludere possiamo dire di essere  molto contenti di aver scelto  Asiatica Travel,  per l’ottimo rapporto qualità/prezzo e per l’ottima organizzazione (hotel molto buoni e veicoli utilizzati sempre ottimi). A tale proposito un grazie di cuore a  Lan Anh, con la quale abbiamo organizzato il tour  dall’Italia e che non abbiamo potuto conoscere  di persona in quanto in maternità al nostro arrivo ad Hanoi e un grazie di cuore a Thuy My, che ci ha accolti nella sede di Asiatica e con la quale abbiamo potuto scambiare due chiacchiere prima di iniziare il nostro lungo peregrinare su e giù per il Paese.
 
 Un grazie di cuore poi a tutti gli autisti,  che sono sempre stati attentissimi alla guida, non azzardando mai manovre pericolose e che ci hanno sempre fatto trovare veicoli puliti  e perfetti.  
 
 E poi, per ultimo (ma di certo il più grande, non ce ne vogliano gli altri!) un grazie di cuore  alle guide (indicate in rigoroso ordine di “accompagnamento” da Nord  a Sud)  Uè, Profumo, Dang  e  Linh, che sono sempre state una presenza  costante, una sicurezza, molto professionali  e  sempre  disponibili  a soddisfare ogni nostra richiesta o esigenza. E’ soprattutto merito loro se torniamo a casa soddisfatti  e con un ricordo bellissimo e indelebile di questo  Paese, un Paese diversissimo dal nostro ma che sa regalare ad ogni viaggiatore le più singolari emozioni.
 
 
Diario del sig. Stefano Gualco
Viaggio dal 10/07 al 27/07/2012

 



Testimonianze

Signora. Daniela Viapiana
Patrimonio di Angkor
08/02/2019 - 17/02/2019

"eccomi per farti il resoconto del nostro bellissimo viaggio.. per prima cosa gli alberghi..anche se li abbiamo scelti noi ti dico le nostre considerazioni che magari ti possono servire per altri clienti."

Continua...